LA CADUTA DEL FASCISMO E LA MORTE DEL DUCE
Il 28 aprile 1945, Benito Mussolini (Dovia di Predappio, 29 luglio 1883 - Giulino di Mezzegra, 28 aprile 1945) insieme all'amante Claretta Petacci (Roma, 28 febbraio 1912 - Giulino di Mezzegra, 28 aprile 1945) furono fucilati in provincia di Como.
Il Duce si trovava in stato di arresto insieme a Claretta. La copia viene catturata il giorno precedente a Dongo, mentre tentavano di espatriare in Svizzera, dai partigiani della 52ª Brigata Garibaldi "Luigi Clerici" comandata da Pier Luigi Bellini delle Stelle. L'ordine di morte era stato dato da "Valerio". Per i due prigionieri certamente inatteso. Su Clara Petacci non pendeva nessuna condanna di morte.
L'esecutore gridò; "Al muro!". Mussolini e la Petacci avevano allora compiuto qualche passo all'indietro contro il musro della villa Belmonte, rivolgendo sempre il loro sguardo all'esecutore. Pochi secondi e tenta di far partire una raffica di mitra. L'arma si era inceppata. L'operazione era per la propria gloria, doveva essere eseguita. Allora, l'esecutore, parti in corsa verso i prigionieri e gli sparo contro. Erano le 16.10 del 28 aprile 1945.
Due anni più tardi ci fu la dichiarazione del comandante partigiano Walter Audisio "Colonnello Valerio" di essere stato l'unico autore dell'uccisione, per la missione a cui avevano partecipato anche i partigiani Aldo Lampredi "Guido Conti" e Michele Moretti "Pietro Gatti" per dare esecuzione all'Ultimatum del 19 aprile 1945 ed all'articolo 5 del Decreto per l'amministrazione della giustizia, approvato a Milano il 25 aprile dal CLNAI.
La responsabilità dell'esecuzione sarà rivendicata dallo stesso Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia con il Comunicato del 29 aprile 1945.
Davide Zahedi