IL PRIMO DEI QUATTRO ATTENTATI AL DUCE

Ricorre ogni anno fino a Gio Dic 31 2020 .
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Dom, 04/11/2018
Lun, 04/11/2019
Mer, 04/11/2020

Il 4 novembre 1925, Benito Mussoliniil noto "il Duce" (Dovia di Predappio, 29 luglio 1883 - Giulino di Mezzegra, 28 aprile 1945), subì il primo dei suoi quattro attentati prima di essere ucciso il 28 aprile 1945 vicino ai cancelli di villa Belmonte nei pressi di Dongo. L’attentato fu organizzato da Tito Zaniboni, un socialista riformista appartenente al partito Socialista Unitario di Giacomo Matteotti. Zaniboni organizzò l’attentato con l’aiuto di persone che in realtà non diedero un aiuto fondamentale, se non un piccolo sostegno economico. Fra questi pare che ci fosse anche il generale Luigi Capello che venne arrestato alcuni giorni dopo, dichiarandosi sempre allo scuro di tutto. Il luogo dell’attentato doveva essere la terrazza di palazzo Chigi dove il Duce si sarebbe affacciato in occasione del VII anniversario della vittoria italiana nella Prima guerra mondiale. Zaniboni avrebbe dovuto sparare al Duce da una camera dell’albergo Dragoni che si affacciava sul palazzo; all’interno della stanza, nascosto in un armadio, c’era un fucile di precisione che sarebbe servito per colpire il capo del governo mentre pronunciava il suo discorso.
Zaniboni fu scoperto grazie a Carlo Quaglia, un infiltrato dell’OVRA (Opera di Vigilanza e di Repressione dell’Antifascismo), la polizia segreta di epoca fascista. Quaglia aveva avvertito le forze dell’ordine le quali seguivano ogni movimento di Zaniboni già da alcuni giorni.
Quando Zaniboni entrò in albergo venne subito arrestato e condotto in carcere. Pochi giorni dopo il Partito Socialista Unitario e il suo giornale “La giustizia” vennero chiusi.
L’attentatore rimase in carcere quasi due anni prima dell'inizio del processo che si svolse l’11 aprile del 1927. Tito Zaniboni nelle sue dichiarazioni, durante il processo, fu contraddittorio: da prima ammise di voler svolgere un’azione dimostrativa e di non voler colpire il Duce. Solo in seguito ammise che il suo obiettivo era Benito Mussolini.
L’unico complice identificato ma che Zaniboni non riconobbe come tale fu il Generale Capello il quale venne condannato a 30 anni, una pena più severa di quella di Zaniboni, che invece fu condannato a 25 anni.
Nel 1939, malgrado la sua palese posizione antifascista, Zaniboni scrisse una serie di dichiarazioni a favore di Mussolini, del suo governo e dell’operato fascista. Alla fine della guerra ebbe degli incarichi importanti nell’ambito della ricostruzione e dell’epurazione del fascismo.
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David Zahedi